A cosa servono i sindacati se nella polizia aumentano i suicidi?

Sicuramente nel 1981, periodo di grande affermazione dei diritti civili, gli obiettivi erano chiari ma, come in altri contesti lavorativi diversi da quelli dello Stato, molti sono stati disattesi. Se i sindacati hanno inizialmente garantito diritti e maggiore benessere, nel corso del tempo, però, questi hanno rappresentato anche bacini elettorali per obiettivi politici lontani dal mondo del lavoro. I centri di aggregazione sportiva, le università e le fabbriche, hanno sempre raffigurato la fonte di abbeveraggio politico che garantivano e garantiscono, i grandi numeri, quelli utili a vincere le elezioni.

Negli ultimi anni il personale in divisa ha conosciuto un fenomeno che è diventato un vero e proprio caso di studio e tanti, a tutti i livelli, si sono interrogati per provare a mettere fine al fenomeno dei suicidi.

Le diverse cause non sono attribuibili, dunque, a una questione di diritti e rappresentatività perché se nel corpo di polizia con maggiori sigle sindacali, la Polizia di Stato, il fenomeno è più presente che altrove allora poco conta la forza dei sindacati.

Ci sono elementi che andrebbero analizzati in una commissione di inchiesta fatta di medici, studiosi, agenti e militari da intervistare al fine di costruire un documento di riferimento capace di dare una risposta più esaustiva a una piaga da cui tutti scappano e di cui nessuno ha interesse a trattare.

A livello militare lo Stato Maggiore della Difesa potrebbe coinvolgere l’Ordine degli psicologi aprendo a un tavolo civile – militare per garantire un lavoro più ampio e meno circoscritto alla sfera professionale. La costituzione di una commissione che integri anche universitari e garantisca interviste a campione su tutto il territorio nazionale, a tutti gli appartenenti di ogni ordine e grado, e metta a disposizione spazi garantendo libertà nell’acquisizione di informazioni utili allo sviluppo di una indagine seria.

La Polizia di Stato potrebbe fare lo stesso dal momento che i sindacati, per quanti convegni e sforzi hanno promosso, non sono riusciti a convergere su un progetto unico e strutturato. Responsabilità quindi del vertice dell’Istituzione di lavorare a una commissione che provi a rallentare il fenomeno che solo nell’ultimo mese ha registrato 5 episodi.

Appello che arriva anche al Ministro degli Interni e al Ministro della Sanità perché la condizione di salute degli uomini e delle donne in divisa ha diverse forme di malessere e, spesso, le patologie non sono solo quelle fisiche.

Ai sindacati e alle associazioni di rappresentanza andrebbe chiesto, invece, un maggiore sforzo e una maggiore collaborazione per raggiungere un obiettivo comune che vada oltre il numero di tessere e le solite richieste legate alle condizioni economiche e fiscali. È bene ricordare che prima del denaro esiste la “qualità della vita” e da questo parametro si potrebbe partire, tutti insieme, per affrontare il fenomeno che sta colpendo la comunità in uniforme.