In Valtellina un maresciallo dei Carabinieri faceva pattuglie per contrastare gli alieni, ora è a processo.

Da Dagospia

Un dossier di duecento pagine con decine di scatti che immortalano singolari oggetti non identificati solcare i cieli della Valmalenco, in Valtellina. Allegate anche le fotografie di strani esseri: giganti neri in cima a una montagna o accovacciati nei pressi di un torrente, umanoidi volanti, ombre semitrasparenti nel bosco. E poi i fascicoli con le segnalazioni su presunti avvistamenti raccolti a partire dal 2011. Il documento è stato presentato dalla difesa nel processo che vede imputato l’ex comandante dei carabinieri della stazione di Chiesa in Valmalenco, A. D. R., ora in pensione, per falso ideologico in atto pubblico e truffa continuata. Si sarebbe segnato due ore e quaranta minuti di servizio in più raggirando lo Stato per una somma di cento euro lordi, 80 netti. Tempo che avrebbe trascorso per pattugliamenti «anti-alieni» o comunque, secondo l’accusa, per faccende che non riguardavano il suo ruolo di luogotenente. «Falsità, durante le ore contestate, due in tre anni, ero in servizio. E non certo a caccia di Ufo, anche se in quel periodo gli avvistamenti erano quasi quotidiani e le persone terrorizzate si rivolgevano a me», spiega D.R., che ha comandato la stazione di Chiesa in Valmalenco dal 1996 al 2021, prima di essere congedato. Nato a Caracas da genitori italiani, padre di nove figli, 58 anni, arruolatosi nell’Arma quando ne doveva ancora compiere diciotto. Encomi, onorificenze, una carriera specchiata, fino all’arrivo degli extraterrestri. L’anno è il 2011. «I cittadini hanno iniziato a presentarsi in caserma descrivendo sfere di luci pulsanti, oggetti volanti non identificati, fenomeni paranormali — continua D. R. —. Io non facevo altro che compilare l’apposito modulo e inoltrare la segnalazione, cinque quelle arrivate agli uffici superiori, ma ne ho raccolte complessivamente ventisei».

E aveva continuato anche quando dai vertici sarebbe arrivato l’ordine di mettere un freno alle pratiche. «Non poteva farlo, sarebbe stata omissione di atti d’ufficio — precisa il suo legale, l’avvocato Marco Della Luna —. Ed è stato a questo punto che il mio assistito è diventato scomodo, tanto che sono iniziate nei suoi confronti una serie di contestazioni, compresi gli 80 euro dei pattugliamenti che, secondo l’accusa, si sarebbe segnato indebitamente». Due procedimenti distinti. Uno a Sondrio e l’altro presso il tribunale militare di Verona, che martedì si è chiuso con il non luogo a procedere. In questo caso il sottufficiale era accusato di diffamazione nei confronti dei superiori che ne avevano disposto il trasferimento a Morbegno, a cui si era opposto con tutte le sue forze prima di essere congedato. Intanto il processo in corso in tribunale a Sondrio, dopo l’ammissione del fascicolo sugli avvistamenti, è stato aggiornato al prossimo 11 gennaio, quando con tutta probabilità si andrà a sentenza. «È la prima volta che in un procedimento penale fanno il loro ingresso gli alieni», sorride l’avvocato Della Luna. Quanto a Di R., che in alcune occasioni aveva voluto verificare di persona le segnalazioni, scattando fotografie ai presunti oggetti non identificati racconta: «Mi hanno preso in giro, trattato come un matto. Ho attraversato un periodo molto difficile, mi sono ammalato, ma posso assicurare di non essere mai venuto meno al mio dovere e di non aver mai rubato nulla allo Stato».