I media pakistani descrivono una situazione in rapida evoluzione: bombardamenti, duelli aerei e attacchi mirati, l’escalation è stata definita dal Presidente Trump “una vergogna“.
Pakistan-India, un conflitto non recente
…ma che è stato lungamente soprasseduto, ignorato, dalla comunità internazionale, specie negli ultimi anni, con l’attenzione prima focalizzata verso il covid, poi catalizzato dalla guerra in Ucraina e, più recentemente, dalla guerra nella striscia di Gaza, con tutto lo sciame che comporta (Libano, Iran, Yemen) e la caduta di Assad, in Siria.
Argomenti, per “lo spettatore internazionale”, che sicuramente infittivano il menabò, assieme alle crisi in Venezuela, al “finto” colpo di stato in Perù e a quello in Corea del sud, alla rielezione di Trump (e le sue boutade), alla debacle della politica interna di Macron.
Sì, gli argomenti nel corso dell’ultimo biennio sono stati tanti e…ci si è scordati che due potenze nucleari, da decenni, si scambiano scaramucce al confine, contendendosi il Baluchistan, per un verso, il Kashmir, per un altro, anche sollevando le attenzioni della Cina sull’area, senza contare l’influenza dell’Iran.
Si tratta di uno di quei conflitti “a bassa intensità” di cui l’atlante abbonda (purtroppo) ma che non capita spesso di avere come protagoniste delle potenze nucleari, anche dalle economie così variegate, al punto da poter essere definite dei “giganti dai piedi di argilla”, considerando i tanti paradossi che si possono vivere in questo quadrante.
Il conflitto indo-pakistano è realmente ibrido, significando scontri armati tra gli eserciti nazionali, ma anche conflittualità sottese, affidate a sigle che la storia ha poi riconosciute (in vario modo) come legate al terrorismo religioso oppure a sigle insorgenti.
Esempi possono essere l’attentato a Mumbai, del 2008, ma anche “l’originale” cerimonia della chiusura della frontiera, al confine tra i due paesi, a Wagah-Attari.

Evoluzione della conflittualità
E così, mentre lo “spettatore internazionale” assisteva a una sferzata di Israele e USA sullo Yemen, quale rappresaglia al bombardamento dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, da parte dei ribelli Houthi, l’escalation tra India e Pakistan aveva inizio.
Bisogna fare un passo indietro, al 22 aprile per poter comprendere gli scontri del momento.
Alla fine di Aprile, infatti, nel Kashmir, a Pahalgam, un attentato uccide 26 turisti e ne ferisce altri 20.
Il fronte della resistenza rivendica l’attacco. Lo stesso gruppo è legato a Lashkar-e-Taiba, compagine islamica pakistana. Segue una scaramuccia di tipo diplomatico, con l’espulsione di diplomatici paskistani dall’India.
Il 6 maggio scorso, un nuovo attentato, questa volta in Baluchistan, uccide sette soldati pakistani.
L’azione viene rivendicata dall’Esercito di Liberazione del Balochistan (BLA), formazione foraggiata dall’India.
Nella notte il Pakistan riporta la conduzione di attacchi contro il suo territorio da parte dell’India, la quale ha informato la Russia, gli USA, il Regno Unito, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti dell’avvio dell’operazione “Sindoor” contro le strutture dei miliziani del Kashmir, quindi: Lashkar-e-Taiba (LeT), Jaish-e-Mohammed (JeM), e Hizbul Mujahideen (HM), nella fattispecie nove siti differenti colpiti al confine con il Pakistan.


Come logica conseguenza, purtroppo, il Pakistan ha attaccato a sua volta, abbattendo anche dei velivoli avversari (tre caccia Rafale, un Su-30 e un Mig-29): per le prossime 48 lo spazio aereo del Pakistan è interdetto ai voli aerei.
Islamabad ha informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che si riserva il diritto di rispondere in mono appropriato all’aggressione indiana.
Alle ore 10 (locali), l’Esercito Indiano terrà una conferenza stampa per illustrare i risultati raggiunti durante l’avvio delle operazioni e il come si procederà.
