L’ordine sospeso: diritto e leve politiche nel Golfo Persico

di Cristina Di Silvio

La recente iniziativa diplomatica del Presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump, nella regione del Golfo Persico rappresenta un punto di svolta strategico, dove la geopolitica incontra manovre legali informali. In un contesto di crescente distanza tra legalità internazionale e realpolitik, l’esclusione di Israele dall’agenda ufficiale e l’avvio di accordi bilaterali nei settori della difesa, dell’aerospazio e della tecnologia avanzata segnalano un nuovo paradigma di diplomazia economica che scavalca le tradizionali strutture multilaterali, ridefinendo il ruolo degli Stati Uniti come leader globale.

golfo persico trump5

Geopolitica: Golfo persico, Iran, Siria e Gaza, il punto

Geopolitica contrattuale e riorientamento della sicurezza regionale. Questa missione si fonda su un bilaterismo pragmatico, in cui gli accordi ad alto valore economico – con Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti per un totale superiore ai 210 miliardi di dollari – diventano strumenti di potere strategico. Tali intese, che vanno dai trasferimenti di armamenti alla cooperazione tecnologica, non solo rinforzano legami economici ma delegano la gestione della sicurezza regionale, ridisegnando la presenza militare statunitense. Washington, da garante dell’ordine internazionale, si trasforma in facilitatrice di equilibri locali, operando al di fuori delle tradizionali strutture multilaterali di controllo.

Iran: unilateralismo e ambiguità giuridica. La proposta di riavviare il dialogo con l’Iran sul suo programma nucleare, strutturata come una proposta unilaterale in cinque punti, costituisce una rottura con il precedente impegno multilaterale del JCPOA, dal quale gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2018. Questa mossa, priva di un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (cfr. Art. 25, Carta ONU), solleva interrogativi sulla legittimità giuridica di un’azione che sfida i principi fondamentali di buona fede e pacta sunt servanda, pilastri del diritto internazionale, come sancito dalla Corte Internazionale di Giustizia.

Siria: normalizzazione e nuove logiche di stabilizzazione.  Un altro cambiamento significativo è la volontà di Trump di normalizzare le relazioni con Damasco, seguita dalla riduzione di alcune sanzioni. Questo rappresenta un abbandono della strategia di cambiamento di regime, in favore di una “stabilizzazione autoritaria”. Tuttavia, questa posizione suscita interrogativi sul rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli (Art. 1(2), Carta ONU) e sulla responsabilità statale nei confronti di regimi accusati di violazioni dei diritti umani. La legalità di questa mossa rischia di minare le fondamenta del diritto internazionale che vincolano gli Stati a non supportare regimi che perpetuano crimini contro l’umanità.

Gaza: inerzia diplomatica e crisi umanitaria. Un elemento che ha sollevato forti polemiche è l’inerzia diplomatica statunitense rispetto alla crisi umanitaria a Gaza. Nonostante la gravità della situazione, con oltre 45.800 vittime civili e danni a infrastrutture protette, l’amministrazione Trump ha evitato di esercitare pressioni su Israele per il rispetto delle norme umanitarie internazionali. L’assenza di azioni preventive o correttive solleva interrogativi sulla responsabilità degli Stati, in particolare riguardo al rispetto delle Convenzioni di Ginevra e agli obblighi di protezione dei civili in tempo di guerra.

Strategia e ambiguità dottrinale: efficienza o responsabilità? La diplomazia di Trump nel Golfo segna il predominio di un approccio pragmatico basato su alleanze contrattuali, interessi bilaterali e un disimpegno selettivo da conflitti insolubili. Tuttavia, l’assenza di un quadro multilaterale vincolante e di meccanismi di responsabilità interna solleva il rischio di rafforzare tendenze autoritarie e di destabilizzare equilibri regionali già precari. La mancanza di un sistema di supervisione giuridica efficace, come previsto dall’Art. 103 della Carta ONU, potrebbe avere implicazioni a lungo termine per la stabilità internazionale.

Il Golfo Persico tra pragmatismo strategico e fragilità giuridica. Il tour mediorientale di Trump segna una svolta rispetto alla tradizionale politica estera statunitense, che si è basata su principi legalisti e multilaterali. In un contesto in cui la diplomazia è sempre più guidata da interessi economici e accordi bilaterali, emerge una domanda cruciale: può un attore globale mantenere la sua influenza nel lungo termine ignorando la legittimità giuridica internazionale, o l’erosione delle norme farà crollare l’intero ordine internazionale?

golfo persico trump6