…ancora sul “caso” Ramy

A distanza di un anno si arriva alle battute finali sulla morte di Ramy e del contesto nel quale il decesso è avvenuto.

Ramy, andando avanti, intanto…

A poco più di un anno, rispetto al 24 novembre 2024, dalla morte di Ramy, e del precedente inseguimento al termine del quale trovò la morte Ramy Elgami, la Procura di Milano stringe il cerchio, altri due sono i carabinieri indagati, notizia di pochi giorni fa, e ora monta il caso Ambrogino d’oro.

Infatti non fa notizia la medaglia d’oro concessa a Mentana, direttore del TG di La7, oppure le altre menzioni di eccellenze che, con le loro attività han dato lustro alla città lombarda, ma l’Ambrogino concesso al Nucleo Radiomobile di Milano dei Carabinieri.

Ramy ambrogino

Ogni manifestazione, purtroppo, ha il suo codazzo di polemiche politiche e anche in questo caso ciò non poteva mancare, la classe dirigente di questo paese non vuole comprendere che la piazza, l’ordine pubblico, la sicurezza collettiva può, deve, essere oggetto di dibattito ma non deve favorire una sua polarizzazione, gli scontri a Milano, subito dopo la morte di Ramy non ha no insegnato nulla.

Il concetto è semplice: l’arma dei Carabinieri non merita l’Ambrogino d’oro: di più, ne merità uno all’anno dalla sua fondazione fino ai giorni nostri, quale giusto merito per tutte le sue poliedriche attività a sostegno della cittadinanza, ma sarebbe stato più opportuno, oggi, averlo ricevuto al termine della diatriba processual-penalistica del caso Ramy.

Assurdo, infatti, che il comitato organizzatore abbia permesso l’incedere, facile, specie per menti semplici, dell’idea della contrapposizione tra la menzione della radiomobile e quella dei genitori di Ramy.

Il parallelo, fatto da taluni, con il premio concesso all’ispettore di polizia, Di Martino, non ha alcun senso perché le condizioni temporali (chiamiamole così, ndr) erano siciramente favorevoli, considerando che Hassine Hamis, un marocchino di 37 anni, è stato condannato a 12 anni e 2 mesi di reclusione per aver tentato di uccidere il poliziotto e quell’atto di valore, ossia il fermare il marocchino, senza fissa dimora, dal proseguire con il lancio di pietre contro passanti, aveva permesso a Piantedosi (al termine della lunga degenza dell’agente) di premiarlo con Medaglia d’oro.