A Piacenza pene ridotte in appello per i carabinieri della Levante

E’ arrivata dopo dieci ore di camera di consiglio la sentenza di secondo grado per il processo che vedeva imputati cinque carabinieri della caserma Levante arrestati il 22 luglio 2020
Di Emanuela Gatti – CityNews

arrivata dopo dieci ore di camera di consiglio la sentenza di secondo grado per il processo che vede imputati cinque carabinieri della caserma Levante arrestati il 22 luglio 2020 e già condannati in primo grado a Piacenza nel processo celebrato in rito abbreviato. In sede di corte d’Appello a Bologna quindi il procuratore generale Nicola Proto ha chiesto nelle settimane scorse per tutti la conferma della sentenza piacentina tranne per Daniele Spagnolo per il quale ha chiesto l’assoluzione per due capi e la riduzione della pena a due anni e dieci mesi, infine è stata la volta delle parti civili e delle difese dei militari.

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In appello i carabinieri sono stati quindi condannati: Giuseppe Montella dieci anni (con dissequestro della casa), Marco Orlando un anno, 8 mesi e 20 giorni (pena sospesa e riconosciute le attenuanti generiche), Salvatore Cappellano sei anni e 4 mesi (assolto per un capo), Daniele Spagnolo un anno e due mesi (pena sospesa, è stato assolto da 8 capi di imputazione su 11). In appello quindi sono state ridotte tutte le pene, specialmente a Orlando e Spagnolo. In primo grado erano stati condannati a 12 anni Montella, Cappellano a 8, Orlando quattro anni, Spagnolo 3 anni e 4 mesi. Per Giacomo Falanga si legge nel dispositivo ridotta la pena a 6 anni quando anche in primo grado era sei anni, pertanto potrebbe trattarsi di un errore materiale. L’avvocato di Spagnolo, Aldo Truncè ha spiegato: «Una volta lette le motivazioni della sentenza faremo appello in Cassazione. Per il nostro assisitito vogliamo l’assoluzione, deve tornrare a indossare la divisa».

I carabinieri furono arrestati il 22 luglio 2020 nell’ambito della maxi inchiesta coordinata dai pm Matteo Centini, Antonio Colonna e dal procuratore capo Grazia Pradella. Nell’inchiesta finirono anche pusher e “civili” che scelsero di patteggiare. I reati contestati – per i quali si procede in rito abbreviato – vanno dallo spaccio di droga alla tortura, dall’abuso d’ufficio al peculato, arresto illegale, commessi durante il lockdown.