Trump-Putin, affari o pace?

Titolo non polemico, ma semplicemente nato da considerazioni da spettro più ampio dalla “semplice” visione della pace per un conflitto, che agli USA interessa sempre meno. Il 15 agosto rimane d’interesse geopolitico “solamente” perché segna il natale di Napoleone.

Guerra o pace? La letteratura russa non c’entra, sono solo affari

Trump non è uno statista: è un imprenditore, lo è sempre stato e, prescindendo da illustri predecessori che, pur essendo attori prestati alla politica, non ha mai cambiato questa sua essenza.

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La Presidente della Commissione UE, nei giorni scorsi, mentre veniva siglato un (potenziale) accordo con gli USA sui dazi, ebbe a dichiarare che Trump è risaputo essere un mediatore determinato, purtroppo il contesto e anche esito finale, hanno scatenato una ressa di polemiche sull’atteggiamento eccessivamente arrendevole della UE.

Motivo? Trump, da buon imprenditore, non si è limitato ad alzare lo spauracchio dei dazi, ha attaccato la politica del green deal europeo e, sopratutto, il framework della sicurezza informatica, anzi, in questo caso, della genuinità delle informazioni online, materia cara a Trump che di disinformazione (al pari di Putin) ne ha goduto a piene mani (si ricordi assalto a Capitol Hill).

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Trump ha nei suoi motti (golden age for USA, e America great again) un nuovo nazionalismo che mal si concilia con mediazioni “umanitarie”, infatti solo Bibi Netanyahu poteva candidarlo per il Nobel della pace (stante Obama lo abbia ricevuto quando gli USA erano coinvolti su due conflitti attivamente).

POTUS (sigla di President of the United States) ha caldeggiato gli accordi di pace tra Russia e Ucraina siglando lo sfruttamento delle terre rare del paese aggredito, di fatto abbandonando gli ucraini agli Europei, dove, vi sono dei “paesi volenterosi” che acquistano armi da inviare al fronte contro la Russia.

L’acquisto di armi sostanzialmente (ma non unicamente) è diretto verso gli USA, mentre questi ultimi supportano attivamente la guerra contro hamas, anche se la parte più populista dei supporter trumpiani oramai sono contrari alla guerra di Israele.

Quindi, Trump è un accesso sostenitore di quel disimpegno USA dalla NATO, e – onor del vero – non lo ha mai nascosto, ma – da imprenditore – tra le richieste avanzate in ambito patto atlantico (sul partecipare ogni paese per il 5% del pil), e i dossier paralleli all’affaire dazi, come la richiesta di ingenti investimenti nel mercato USA da parte della UE, i capestri affaristici sono oramai palesi, il problema è che UE si è resa conto tardi della necessità di correre ai ripari, ecco il principale motivo “del riarmo europeo“.

…e il 15 agosto? Nulla, è il compleanno di Napoleone

Ancora, prescindendo da quello che non accadrà il 15 agosto, perché come già anticipato da Vance, il vice di Trump, che apertamente parla di un accordo che scontenterà sia Putin che Zelensky, Trump più che la alla pace mira a destabilizzare il blocco dei BRICS, quindi indebolendo ulteriormente Russia e Cina.

Si pensi, per esempio:

A quanto sopra si aggiunga anche inasprimento dei rapporti verso il Venezuela, dove la ben nota crisi di politica interna, ha spinto Maduro ancora di più verso la Russia.

Trump, appunto da buon imprenditore, in politica estera gioca sempre su più tavoli, e gli stessi, poi, è vero che rischiano di sovrapporsi tra di loro.

In Alaska non accadrà nulla che possa realmente interessare la pace, stando così le cose.

La UE corre ai ripari, infatti a Bruxelles sono in corso colloqui tra i rappresentanti esteri dei vari paesi per richiedere la partecipazione al simposio anche di propri elementi e degli Ucraini.

Ma, come già detto, Trump è un imprenditore, non ha interesse a incontrare chi non può offrire più nulla (Ucraina ha già dato, la UE darà, altrimenti i dazi aumentano).

Il problema dei rapporti russo-ucraini dovevano essere risolti nel momento in cui Mosca annetteva la Crimea, oramai sono trascorsi due lustri, sostanzialmente quasi una generazione di ragazzi è nata sotto le insegne russe in quell’angolo ex ucraino, Putin non lo cederà mai, al massimo potrebbe essere possibile un ritorno di alcune zone occupate nell’ultimo biennio a Kyev, ma si immagina con almeno una modifica costituzionale volta a dare quelle popolazioni un regime speciale di autonomia.

Si vedrà…