Diritti sotto attacco: l’offensiva globale contro le libertà LGBTQIA+ come sfida all’ordine democratico

di Cristina Di Silvio

Lo scorso 17 maggio si celebrava la giornata della lotta contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, l’urgenza non è più solo commemorativa: è di natura sempre più politica, a tutela di diritti per uomini e donne che continuano a essere vilipesi.

Diritti sospesi, diritti ricercati, diritti ignorati

Nel 2024, l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono diventati il nuovo fronte di una guerra culturale e ideologica che attraversa Stati, corti e istituzioni internazionali. Il 17 maggio 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità rimosse ufficialmente l’omosessualità dalla classificazione delle malattie mentali: un atto simbolico che segnò una svolta storica. Ma a trentacinque anni da quella decisione, il mondo assiste a un pericoloso arretramento.

La Giornata Internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia — celebrata il 17 maggio in oltre 130 Paesi — si svolge in un contesto in cui la discriminazione non solo persiste, ma trova nuovi strumenti e legittimazioni normative. Il ritorno dell’intolleranza istituzionalizzata.

Nel 2024, l’omosessualità è ancora criminalizzata in 64 Stati. In dodici di questi — tra cui Iran, Yemen, Nigeria settentrionale e Mauritania — può condurre alla pena capitale. Secondo ILGA World, solo nel 2023 si sono verificate oltre 300 esecuzioni extragiudiziali di persone LGBTQIA+ in contesti di conflitto o repressione politica. Negli Stati Uniti, nel solo 2023 sono stati introdotti più di 550 provvedimenti legislativi anti-LGBTQIA+, molti dei quali mirati alle persone transgender e all’educazione inclusiva.

In Russia, qualsiasi rappresentazione pubblica non negativa della comunità LGBTQIA+ è ormai equiparata a “propaganda estremista”, mentre le ONG impegnate sui diritti civili sono bollate come “agenti stranieri”. In Uganda, la legge approvata nel maggio 2023 prevede pene fino alla morte per “omosessualità aggravata”. L’Etiopia e il Ghana conducono veri e propri raid contro presunti “assembramenti immorali”.

Europa: diritti sotto pressione tra tutela giuridica e derive sovraniste

In Europa, la situazione è bifronte. L’Unione Europea si è dotata di un quadro normativo avanzato: l’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali proibisce espressamente qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto in numerose sentenze il diritto alla vita familiare per le coppie LGBTQIA+. Tuttavia, in Paesi come Ungheria e Polonia, sono in vigore misure che limitano l’accesso all’informazione e ai diritti civili, invocando la “difesa della famiglia tradizionale”.

In Francia, nel 2023 si sono registrati 2.870 episodi documentati di violenza o discriminazione omotransfobica — un aumento del 20% rispetto al 2022.

L’Italia, da parte sua, continua a mostrare lacune strutturali sia in termini legislativi che di monitoraggio.

Diritti ddl zan

Italia: tra vuoti normativi e ambiguità istituzionali

L’Italia è tra i pochi Paesi dell’Unione a non disporre di una normativa specifica contro i crimini d’odio basati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. La Legge Mancino del 1993 non contempla tali categorie, e il DDL Zan, che avrebbe colmato questa lacuna, è stato respinto dal Senato nel 2021 dopo una campagna di forte polarizzazione politica.

Nel frattempo, le famiglie omogenitoriali restano giuridicamente invisibili; il processo di rettifica anagrafica per le persone transgender richiede ancora passaggi giudiziari e medici invasivi; e l’educazione alle differenze è lasciata alla discrezionalità dei singoli istituti scolastici, senza linee guida nazionali. Una questione di civiltà giuridica e democratica. Celebrare il 17 maggio non può ridursi a una liturgia istituzionale.

I diritti LGBTQIA+ non rappresentano un’istanza identitaria marginale, ma un indice fondamentale della tenuta democratica. L’attacco alle libertà individuali, in qualunque forma si manifesti, costituisce una minaccia all’intero sistema dei diritti umani. Laddove si colpiscono le minoranze, si aprono varchi all’autoritarismo.

La difesa delle libertà LGBTQIA+ deve essere posta al centro delle agende diplomatiche, legislative e culturali. Perché oggi più che mai, il rispetto della diversità non è una concessione: è una condizione irrinunciabile per la coesione sociale, la stabilità internazionale e la credibilità dello Stato di diritto.