Un uomo è morto, a Napoli, dopo l’intervento della radiomobile dell’Arma che, nei suoi confronti, considerando la riottosità del soggetto, ha utilizzato il taser pe la sua immobilizzazione
Taser, una storia infinita, ma senza sensazionalismi
Un uomo di 35 anni è morto a Napoli dopo essere stato colpito con un taser dai carabinieri. Secondo una prima ricostruzione, i militari sono intervenuti a seguito di una segnalazione per una lite in famiglia. Avrebbero tentato di bloccarlo più volte senza successo e, alla fine, avrebbero utilizzato il taser seguendo le procedure di utilizzo previste dalla legge, come riferito da fonti investigative. Il 35enne è deceduto in ambulanza mentre veniva trasportato in ospedale.
Questo è l’esito delle Agenzie battute sul punto, unitamente a una ricostruzione che vorrebbe la pattuglia intervenuta aver usato, dopo aver tentato inutilmente di calmare, l’uomo, in evidente stato di agitazione e nudo, dapprima lo spray al peperoncino, quindi un reale approccio in crescendo, senza esasperare gli animi, e solo dopo il taser.

Non si conoscono le condizioni di salute pregresse dell’uomo, interessanti – invece – le considerazioni del Presidente del GIEC – Gruppo di Intervento Emergenze Cardiologiche – che chiede al Ministro Piantedosi una più capillare distribuzione di defibrillatori alle pattuglie, almeno a quelle che hanno in dotazione il taser, quindi maggiori frequenze per il corso blsd, basic life support, manovre realmente salvavita.
Nei mesi scorsi aveva destato l’attenzione pubblica la morte di altre persone, a stretto giro, a Olbia e Genova, che avevano avuto come effetto immediato il rinvigorire la polemica sull’atto dovuto, a fronte di condizioni di legittimità per l’utilizzo da parte degli operatori, circa l’iscrizione nel registro degli indagati, quando poi le condizioni fisiche dei soggetti non sono note agli agenti che intervengono.
Ancora, altro effetto avuto, al tempo, la non adozione del particolare strumento dissuasivo dalla Polizia Locale di Genova.