In un’analisi avanzata, l’articolo traccia un robusto parallelismo tra il bisogno latente e inespresso che segna l’esperienza soggettiva e le sfide strutturali che lo Stato affronta nell’ambito della sicurezza strategica. Alla luce della dottrina congiunta NATO (JP‑1, JP‑3‑0 e AJP‑3) e del Libro Bianco per la Difesa 2030, si esplorano le implicazioni operative della guerra in Ucraina, le minacce ibride-cyber, cognitiva, IA, e il salto qualitativo verso una difesa multi-dominio. La riflessione verte su come la capacità di percepire segnali sottili e agire con coerenza e integrazione operativa costituisca la vera essenza della resilienza strategica.
di Cristina Di Silvio
Multi-dominio, nuova logica di analisi e di difesa
Ci sono momenti in cui la volontà individuale si assopisce, non perché la fatica fisica o la razionalità siano state esaurite, ma perché un vuoto silenzioso, non dichiarato, reclama presenza.
Questo bisogno, pur essendo al confine dell’esprimibile, è profondissimo: più che mancanza, è domanda implicita di rigenerazione.
Wilde lo descriveva con precisione paradossale: “quando non si ha voglia di niente, si ha bisogno di tutto”.
È proprio in questo spazio liminale che si apre una porta, lieve, socchiusa, che attende il coraggio di essere spinta. A livello geopolitico e strategico, lo Stato si trova in una condizione analoga: non bastano solo capacità visibili, deterrenza convenzionale o forza bruta. Occorre una sensibilità strategica, la prontezza a individuare segnali latenti, la volontà di integrare domini operativi diversi secondo una dottrina articolata e moderna.
Il Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riflettuto oggi su scenari critici: il conflitto in Ucraina, le tensioni nel Medio Oriente, le minacce ibride emergenti.

Nell’analisi strategica, l’Italia afferma il suo impegno nelle forniture di sistemi ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance), nella condivisione di capacità C4ISR in rete con NATO e UE e nel supporto logistico avanzato per Kiev.
Queste misure non sono solo risposta tattica: incarnano un’efficace attuazione della dottrina della “jointness” tipica della guerra congiunta (joint warfare), nella quale la sincronizzazione tra forze terrestri, navali, aeree, spaziali e digitali è guida permanente.
La dottrina NATO, e in particolare le pubblicazioni chiave come la Joint Publication 3‑0 (“Joint Operations”) pietra miliare per l’impiego congiunto, e la capstone JP‑1, offrono una cornice condivisa per interpretare queste dinamiche. JP‑3‑0 definisce i principi fondamentali delle operazioni congiunte, incluso l’impiego di strutture di comando e controllo (C2) integrate, l’azione unificata (unified action) e il coordinamento interorganizzativo, elementi essenziali per operazioni multinazionali. Allo stesso modo, la Allied Joint Publication AJP‑3 (edizione D, recentemente promulgata) codifica la dottrina NATO per la conduzione operativa nei teatri complessi, aggiornando la standardizzazione e l’interoperabilità. In un contesto dove il digitale è ormai teatro privilegiato delle contese, le minacce ibride si manifestano con crescente sofisticazione: attacchi cyber su infrastrutture critiche, campagne di disinformazione, sfruttamento dell’intelligenza artificiale in modalità malevola. Il rischio non è più semplicemente quello di una distruzione fisica, ma di una saturazione cognitiva, di una compromissione sistemica delle reti di comando e controllo (C2) e della coesione interna.
In dottrina NATO, il concetto di battlespace si estende oggi al “cyberspace” e al “cognitive domain”, richiedendo un disegno strategico e operativo in chiave multi-dominio, che includa interoperabilità tra domini terrestri, marittimi, aerei, spaziali e subacquei. L’Italia è chiamata a contribuire a questo disegno con programmi concreti: il suo Documento Programmatico Pluriennale evidenzia investimenti su capacità C2 multi‑dominio, cyber defence, intelligenza artificiale e data-collection. Attraverso l’adozione di piattaforme ISR integrate, droni collaborativi, unità autonome subacquee e sistemi di sorveglianza spaziale, il nostro Paese mira ad armonizzare le sue capacità con la dottrina NATO, assicurando una “presa decisionale multilivello” e una resilienza strategica coerente con le sfide contemporanee.
Ma la struttura operativa non è sufficiente se manca la sensibilità strategica: così come l’individuo deve riconoscere il proprio vuoto interiore per trasformarlo in energia vitale, lo Stato deve sviluppare la capacità di percepire le fratture invisibili, di leggere i segnali emergenti e di costruire coesione attraverso un’azione pianificata, multidimensionale.
È in questa dialettica che la presenza si concretizza: non solo come deterrenza, ma come network di interoperabilità, sorveglianza continua, prontezza e rigenerazione. In definitiva, il bisogno silenzioso, individuale e collettivo, diviene paradigma strategico.
Quando la sicurezza non è più solo una questione di potenza, ma di senso e presenza, la vera difesa risiede nella capacità di ascolto, nella dottrina condivisa, nella prontezza operativa e nella coesione cognitiva.
Solo così lo Stato può incarnare una resilienza credibile e proattiva, trasformando il vuoto implicito in capacità generativa, garantendo la sicurezza reale in un mondo sempre più complesso e interconnesso.
English version
The Silent Need as a Strategic Paradigm: Introspection, Multi-Domain Doctrine, and National Resilience
Abstract:
In an advanced analysis, this article draws a robust parallel between the latent, unexpressed need that shapes individual experience and the structural challenges the State faces in the realm of strategic security. In light of NATO joint doctrine (JP‑1, JP‑3‑0, and AJP‑3) and the 2030 Defense White Paper, it explores the operational implications of the war in Ukraine, hybrid threats—cyber, cognitive, AI, and the qualitative leap toward multi-domain defense. The discussion focuses on how the capacity to perceive subtle signals and act with coherence and operational integration constitutes the very essence of strategic resilience.
Multi-Domain Doctrine, a new paradigm
There are moments when individual willpower wanes, not because physical fatigue or rational capacity have been exhausted, but because a silent, unspoken void demands presence.
This need, though hovering on the boundary of articulation, is profound: more than absence, it is an implicit demand for regeneration.
Wilde captured this paradox with precision: “When one has no desire for anything, one needs everything.” It is precisely in this liminal space that a door opens, slight and ajar, awaiting the courage to be pushed.
On a geopolitical and strategic level, the State finds itself in an analogous condition: visible capabilities, conventional deterrence, or brute force alone are insufficient. Strategic sensitivity is required—the readiness to identify latent signals and the will to integrate diverse operational domains according to a sophisticated and modern doctrine.
The Italian Supreme Defense Council, chaired by the President of the Republic, Sergio Mattarella, reflected today on critical scenarios: the conflict in Ukraine, tensions in the Middle East, and emerging hybrid threats. From a strategic standpoint, Italy affirms its commitment to providing ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) systems, sharing C4ISR capabilities in networked collaboration with NATO and the EU, and delivering advanced logistical support to Kyiv. These measures are not merely tactical responses; they embody the effective implementation of the “jointness” doctrine characteristic of joint warfare, where synchronization across land, naval, air, space, and digital forces serves as a guiding principle.
NATO doctrine, particularly key publications such as Joint Publication 3‑0 (“Joint Operations”) a cornerstone for joint employment, and the capstone JP‑1, provides a shared framework to interpret these dynamics. JP‑3‑0 defines the fundamental principles of joint operations, including the employment of integrated command and control (C2) structures, unified action, and inter-organizational coordination, essential elements for multinational operations. Similarly, the Allied Joint Publication AJP‑3 (Edition D, recently promulgated) codifies NATO doctrine for operational conduct in complex theaters, updating standardization and interoperability. In a context where the digital domain has become a privileged theater of conflict, hybrid threats are increasingly sophisticated: cyberattacks on critical infrastructure, disinformation campaigns, and the malicious exploitation of artificial intelligence. The risk is no longer solely physical destruction but cognitive saturation, systemic compromise of C2 networks, and erosion of internal cohesion.
In NATO doctrine, the concept of battlespace now extends to the “cyberspace” and “cognitive domain,” requiring a multi-domain strategic and operational design that ensures interoperability across land, maritime, air, space, and undersea domains.Italy is called upon to contribute to this design with concrete programs: its Multi-Year Defense Program outlines investments in multi-domain C2, cyber defense, artificial intelligence, and data collection. Through the adoption of integrated ISR platforms, collaborative drones, autonomous underwater units, and space surveillance systems, the country aims to harmonize its capabilities with NATO doctrine, ensuring multi-level decision-making and strategic resilience aligned with contemporary challenges. Yet operational structures alone are insufficient without strategic sensitivity: just as an individual must recognize their inner void to transform it into vital energy, the State must develop the ability to perceive invisible fractures, interpret emerging signals, and build cohesion through planned, multidimensional action. It is within this dialectic that presence materializes, not merely as deterrence, but as a network of interoperability, continuous surveillance, readiness, and regeneration.
Ultimately, the silent need, both individual and collective, becomes a strategic paradigm. When security is no longer only a matter of power but also of meaning and presence, true defense resides in the capacity for attentive perception, shared doctrine, operational readiness, and cognitive cohesion.
Only in this way can the State embody credible and proactive resilience, transforming implicit void into generative capacity and ensuring real security in an increasingly complex and interconnected world.