Tra artiglieria, droni ISR e protezione dei civili, il Kordofan rappresenta un laboratorio di guerra moderna dove strategia, logistica e diritto internazionale si intrecciano con precisione chirurgica.
di Cristina Di Silvio
Il Kordofan come laboratorio strategico
Il Kordofan è oggi un teatro operativo dove tattica, logistica, geopolitica e diritto internazionale convergono. Le forze regolari e le milizie locali si muovono tra artiglieria, mezzi corazzati, droni ISR e convogli logistici critici, mentre la protezione dei civili, ospedali, infrastrutture essenziali e risorse naturali è vincolata dalle Convenzioni di Ginevra e dal Protocollo I.
Questo articolo offre dati concreti su truppe, armamenti e scenari di minaccia, delineando un quadro operativo e normativo del conflitto in corso.

Nel Kordofan, ogni battito della guerra misura la distanza tra artiglieria, droni e legge internazionale, non è una semplice regione sudanese: è un laboratorio di guerra moderna, dove tattica, geopolitica e diritto internazionale si fondono in ogni decisione sul campo.
Le forze regolari contano circa 8.500 effettivi, organizzati in 10 brigate mobili da 600-900 soldati ciascuna, supportate da 12 batterie di artiglieria (122 e 155 mm) e 4 plotoni di mortai da 82 e 120 mm, oltre a circa 40 T-55 e 60 BMP-1/2, dispiegati lungo corridoi logistici critici tra Khartoum, El Obeid e i giacimenti petroliferi di Heglig e Al Fula.
La protezione dei civili lungo queste arterie è obbligatoria: l’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra e l’art. 57 del Protocollo I impongono misure preventive per ridurre al minimo i danni collaterali durante le manovre offensive.
Le milizie locali, frammentate e agili, operano in unità da 50-150 combattenti, armati con RPG-7, PKM e veicoli 4×4 modificati, usando tattiche di guerriglia, imboscate e attacchi rapidi lungo rotte secondarie. I convogli di rifornimento, mediamente 500 tonnellate di carburante e munizioni al mese, garantiscono continuità operativa per almeno tre settimane.
Gli ospedali e le strutture sanitarie sono considerati obiettivi protetti (art. 12 Quarta Convenzione di Ginevra) con buffer operativo di 500 metri; scuole, ponti e infrastrutture critiche (art. 52 e 54 Protocollo I) sono monitorati tramite droni ISR Wing Loong II e Bayraktar TB2, riducendo al minimo la probabilità di danni indiretti. Le risorse naturali, inclusi i giacimenti petroliferi, sono tutelate dall’art. 55 del Protocollo I: distruzione intenzionale come arma contro la popolazione civile costituisce crimine di guerra.
A Heglig e Al Fula, plotoni da 120-150 soldati, supportati da artiglieria di precisione e sorveglianza UAV, proteggono siti strategici da sabotaggi e attacchi nemici, garantendo la sicurezza energetica regionale. I rischi sul terreno comprendono attacchi a convogli logistici, imboscate a pattuglie meccanizzate e raid su infrastrutture civili. Le brigate regolari conducono interdizioni mirate, utilizzando mortai 82-120 mm e artiglieria 155 mm, mentre droni ISR e sensori acustici garantiscono precisione chirurgica.
Ogni operazione rispetta i principi di distinzione e proporzionalità (art. 48 e 51 Protocollo I) e assicura corridoi di evacuazione sicuri per la popolazione. Il lettore che osserva il Kordofan percepisce il fragore dei mortai, il ronzio dei droni e la tensione dei soldati in pattuglia; chi analizza comprende che ogni decisione tattica è vincolata dalla legge internazionale.
Il Kordofan non è solo un fronte locale: è un manifesto della guerra contemporanea, dove precisione, strategia e diritto internazionale si fondono in un equilibrio critico, e dove ogni battito della guerra lascia un’impronta indelebile sul territorio e sulla memoria di chi osserva.