Un gruppo social per utenti in realtà asociali, senza morale, inetti relazionali, dall’intelligenza sottosviluppata: 32000 soggetti pericolosi, realmente pericolosi, appartenenti a un gruppo ora chiuso da Meta per violazione dei termini.
Un gruppo italiano che ricorda un pessimo affaire francese…

Caso Pelicot, la vicenda che ha sconvolto la Francia.
Si è chiuso con una condanna a 20 anni – il massimo della pena – il procedimento a carico di Dominique Pelicot, che è stato “dichiarato colpevole” degli stupri aggravati contro l’ex moglie Gisèle Pelicot.
Nel processo sugli stupri di Mazan, oltre a lui, sono stati dichiarati colpevoli anche i 50 co-imputati: gran parte di essi sono stati ritenuti colpevoli di “stupro aggravato in riunione e somministrazione” di droghe a Gisèle Pelicot. Il caso della donna di 72 anni – che è stata drogata per 10 anni dal marito che poi la faceva violentare senza contropartita da sconosciuti, reclutati su un sito di incontri che ora è stato bandito, assistendo e riprendendo le violenze.
Il gruppo Facebook “Mia Moglie” lo ricorda molto, anche se traslato su un piano virtuale, nel senso che non vi sono violenze concretamente fisiche.

Gli appartenenti al gruppo condividevano foto di donne, asseritamente mogli, compagne, amanti, nella loro intimità.
Scatti rubati, quindi, non esattamente consensuali, ma perché?
È la motivazione che potrebbe essere ricercata che in realtà rende quei 32.000 “utonti” pericolosi: per quale motivo assurdo dovresti condividere le foto di tua moglie, compagna, amante, con altri 31.999 sconosciuti?
Deriva culturale?
Si parla spesso di intelligenza artificiale, qui si è davanti alla stupidità naturale di una società artificiale dove i sentimenti sono falsi, innaturali, irreali, apparenza e finzione, realizzata grazie a mancanza di rispetto e di valori etici (ancorché senza amore una relazione, anche su piani differenti, potrebbe essere incentrata su altro, qui manca il rispetto per la persona).
Palese è la manifestazione bruta di appartenenza e di una subcultura del possesso, dell’oggettivizzazione pura del corpo femminile.
Una cultura dello “stupro virtuale” che si ravviva in una ideale comunità attraverso la condivisione di sentimenti perversi e, per forza di cosa, malati.
Il problema non è caratterizzare un reato, che sia revenge porn o molestie, puntare sulla violenza privata o sulla condivisione di materiale senza consenso; è molto altro: l’abuso e l’umiliazione sono ancora oggi, nel 2025, una sorta di rito che viene esercitato da gruppi di falliti esistenziali, questo è il problema culturale che emerge è che viene semplicemente enfatizzato dalla progressione tecnologica.