Israele ha colpito in profondità il cuore del dispositivo militare e nucleare iraniano. L’operazione ha neutralizzato obiettivi critici: siti di arricchimento, basi missilistiche, centri di comando IRGC. Due opzioni sul tavolo: sollevazione popolare a Teheran, disordine conseguente a livello nazionale (Siria docet); il popolo iraniano supporta la difesa del paese, disordine regionale, enfatizzato dai relativi partner internazionali (USA, Russia e Cina, in testa).
di Cristina Di Silvio
Israele-Iran: deterrenza fallita, inizia il conflitto asimmetrico, è disordine
L’avvio del conflitto ha evidenziato superiorità tecnologica e capacità di proiezione strategica di lungo raggio dell’aeronautica israeliana, e non solo, azioni coordinate con esercito e servizi intelligence, anche sul campo.
La risposta iraniana è stata relativamente immediata e su più livelli: dapprima 120 droni e missili lanciati contro Israele, a seguire operazioni coordinate da Iraq e Libano. L’asse della “resistenza” – Hezbollah, milizie sciite, Houthi – è ora in stato di mobilitazione.
Lo scenario si complica: Israele assume la postura della guerra preventiva; Iran accelera l’opzione asimmetrica, puntando sulla profondità strategica regionale; gli USA schierano asset navali e difensivi nel Golfo, pronti a contenere un’espansione del conflitto, ma in loco tra cinque giorni; Arabia Saudita, Turchia, Egitto: si preparano alla crisi ma evitano schieramenti diretti.

Punto di rottura strategico: la logica della deterrenza reciproca è saltata.
Si apre una fase di confronto dinamico dall’intensità ad alto rischio di escalation. Il Medio Oriente entra in una nuova fase di instabilità strutturale.
La regione è una polveriera in cui attori statuali e non statuali – spesso sovrapposti – possono essere attivati in tempi rapidi: dalle milizie sciite in Iraq ai proxy afghani e yemeniti, fino alla jihad globale che potrebbe cavalcare la narrativa della “difesa dell’Islam”. Sarà determinante capire se l’Iran vorrà – o potrà – sostenere una guerra convenzionale prolungata con Israele, consapevole dell’asimmetria tecnologica. Ma in un conflitto di attrito, Teheran ha sempre saputo sfruttare la profondità strategica del proprio network regionale, ma ora? La Siria è out, Iraq non vorrebbe una partecipazione prolungata, Hezbollah è stato duramente già colpito e sabato gli Israeliani hanno lanciato uno strike mirato a eliminare il capo militare houthi.
La vera domanda ora è: quanto resteranno neutrali le superpotenze? Mentre Mosca si dichiara disponibile a mediare e Pechino chiama alla stabilità, l’intero assetto di sicurezza del Medio Oriente sembra destinato a un nuovo equilibrio.
Forse, a un nuovo disordine.