Mentre le acque del Sud America vedono una massiccia presenza militare USA, in Brasile l’ex Presidente Bolsonaro viene portato in carcere.
Le accuse a Bolsonaro
Come un grande classico per i paesi dell’America del sud e caraibici, le magagne politiche sono sempre accompagnate da episodi di corruttela, mancanza di rispetto per i diritti umani, possibili golpe, rovesciamento politici usando la forza, sia essa quella delle forze armate oppure di bande paramilitari.
Gli esempi (purtroppo) sono tanti, e non bisogna far ricorso alla memoria storica, arrivando, per esempio, a richiamare il contrasto USA-URSS e i missili di Cuba, basti pensare alle elezioni in Venezuela, recentissime, che hanno visto un uso violento e arbitrario del sistema giustizia e ordine pubblico contro gli oppositori politici di Maduro.
E mentre gli USA dispiegano il 25% della propria forza navale davanti alle coste venezuelane, ufficialmente per contrastare (senza linkage ufficiali) il traffico di droga verso il nord America, in Brasile la giustizia ferma ancora una volta in più Bolsonaro.

Qust’ultimo, già accusato di aver sobillato il popolo, allorquando avesse perso le elezioni – come è accaduto, nel 2022, seppur di misura – è stato posto dapprima agli arresti domiciliari e ora è in carcere.
Il motivo per cui l’ex leader politico è stato collocato in custodia cautelare è il danneggiamento (per provare, per curiosità) del braccialetto elettronico con una fiamma ossidrica.
Il tentativo di evasione, secondo gli inquirenti, godeva della copertura di una manifestazione indetta da uno dei figli per dimostrare solidarietà al 70enne leader politico. Si consideri che l’ambasciata USA, nel caso di fuga di Javier Bolsonaro, dista una decina di km dalla propria abitazione e secondo l’accusa è lì che avrebbe potuto chiedere asilo politico.
I domiciliari erano stati concessi a Bolsonaro per le sue precarie condizioni di salute, postume a un accoltellamento subito nel 2018.