Egemonia americana nel sud del continente?

La USS Gerald R. Ford e la riaffermazione dell’egemonia responsabile americana nel quadrante caraibico.

di Cristina Di Silvio

La USS Gerald R. Ford e la riaffermazione dell’egemonia responsabile americana nel quadrante caraibico

«Per avere rapporti genuini con gli altri, bisogna prima diventare individui.» Italo Calvino.

Quando Italo Calvino scriveva di individui “interi, con un codice, un passo, una voce propria”, sembrava parlare di moralità personale, eppure, quel monito risuona oggi come una lezione di strategia: nel sistema internazionale, essere “individui” significa agire secondo un codice operativo coerente, rifiutando il mimetismo geopolitico che confonde la potenza con l’imitazione.

In questo senso, la recente proiezione marittima americana nel bacino caraibico non è un gesto di forza, ma un atto di autocoscienza strategica.

L’invio della portaerei USS Gerald R. Ford e del suo Carrier Strike Group Twelve (CSG-12) rappresenta la traduzione tattica di quella “coerenza silenziosa” evocata da Calvino: la potenza come disciplina, non come esibizione.

Il Ford-class, prima unità della nuova generazione di supercarriers statunitensi, costituisce la piattaforma cardine della Naval Doctrine Publication 1 (NDP-1), che definisce il potere marittimo come “the ability to use the sea to influence events ashore.”

Due reattori nucleari A1B, catapulte elettromagnetiche EMALS, radar AESA SPY-6 integrati nel sistema AEGIS e un air wing da oltre 70 velivoli (F/A-18E/F Super Hornet, E-2D Hawkeye, F-35C Lightning II) compongono un dispositivo capace di esercitare sea control, power projection e command of the commons — secondo la triade teorizzata dalla Joint Publication 3-32 (Joint Maritime Operations).

A bordo, 4 000 militari operano come rete cognitiva, non come semplice forza d’urto: la Ford è una piattaforma di distributed lethality, concetto chiave della U.S. Navy Strategy for Maintaining Maritime Superiority (2020).

Portaerei americana

La decisione del Pentagono di dislocarla nei Caraibi, confermata dal Washington Post e da Reuters nell’ottobre 2025, risponde alla logica della Deterrence by Presence, codificata nel U.S. National Defense Strategy (NDS) 2022 e nella Allied Maritime Strategy della NATO (AMS-2023): mostrare forza per prevenire l’uso della forza altrui.

La deterrenza, oggi, non si limita alla dimensione nucleare, ma si espande in quella convenzionale e cognitiva (multi-domain deterrence), fondendo mezzi militari, comunicazione strategica e posture diplomatiche. Nel quadrante caraibico, il rischio è duplice: il collasso dell’autorità venezuelana e la crescente infiltrazione di attori extra-regionali — Russia, Cina, Iran — che sfruttano il vuoto di potere come spazio di counter-presence. In tale scenario, la postura americana non è intrusiva ma strutturante: Washington riafferma il principio di Freedom of Navigation sancito dall’art. 87 della UNCLOS e ribadito dalla NATO Maritime Command (MARCOM). La USS Gerald R. Ford agisce così come “node of stability” in un’area definita grey-zone — spazi non apertamente conflittuali ma soggetti a pressione informativa, cibernetica e paramilitare.

Calvino torna allora a essere un stratega dell’anima. Nel teatro internazionale, dominato da “personaggi forti” che confondono sovranità e spettacolo, solo l’attore coerente al proprio codice interiore può operare come “individuo.”

Gli Stati Uniti si muovono oggi come quell’individuo: potenza che esercita forza con restraint e responsabilità, consapevole che la leadership del XXI secolo non si misura in tonnellate di acciaio, ma in capacità di sintesi sistemica. Operativamente, il Carrier Strike Group Twelve ha seguito una rotta pianificata secondo lo schema della Maritime Security Operations (MSO): attraversamento dell’Atlantico Settentrionale, ingresso nel Canale di Mona, proiezione di pattugliatori P-8A Poseidon e piattaforme ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) su Trinidad, Tobago e Barbados. Le sue missioni combinano data gathering, esercitazioni di interdizione e simulazioni di Joint All-Domain Command and Control (JADC2) — la nuova architettura di comando unificato che integra dominio marittimo, cyber e spazio.

In questo dispositivo, ogni movimento è comunicazione strategica: la Ford a 180 miglia nautiche dalle acque venezuelane trasmette rassicurazione agli alleati e contenimento agli avversari. È un linguaggio codificato dalla Joint Concept for Integrated Deterrence (JCID, 2023): l’uso sinergico di mezzi, messaggi e posture per creare prevedibilità e controllo. La deterrenza si fa allora etica operativa. Gli Stati Uniti, spesso accusati di iperproiezione, mostrano qui la dottrina opposta: proportionate presence e strategic restraint. Come nell’AJP-3.1 Allied Maritime Operations della NATO, la presenza marittima è “persistent, not provocative”: la forza che evita la guerra, non quella che la prepara. Caracas reagisce con la retorica dell’assedio, evocando minacce esterne per rinsaldare la lealtà interna.

La vulnerabilità economica e la frammentazione del potere ne fanno un attore incapace di sfruttare la tensione. La presenza americana diventa così stabilizzatore cognitivo e normativo: garantisce le Sea Lines of Communication (SLOCs) e funge da architettura di prevenzione regionale. Questa impostazione si inserisce nella più ampia Joint All-Domain Containment Doctrine (JACD), che integra dominio marittimo, cyberspazio e intelligence orbitale. Le operazioni ISR della Ford cooperano con la costellazione satellitare della U.S. Space Force e con i nodi NATO Federated Mission Networking (FMN), creando un ecosistema di situational awareness permanente.

È la forma tecnologica della coerenza calviniana: forza che nasce dalla conoscenza, non dall’impulso. Washington, oggi, non agisce per consenso ma per continuità strategica. In un mondo multipolare dove molti attori imitano posture altrui, gli Stati Uniti restano potenza dotata di una strategic voice — discreta ma direttiva.

Come l’individuo calviniano, non temono di “stonare nel coro”: l’armonia autentica nasce solo dal contrasto delle voci autonome. La USS Gerald R. Ford è dunque più che un simbolo navale: è la concretizzazione di una dottrina morale. Rappresenta la traduzione operativa del principio che guida la U.S. Navy Doctrine Publication 1: “Command of the sea is command of the mind.” E in un’epoca in cui la “coperta comoda” del disimpegno tenta molte democrazie, Washington sceglie di restare vigile, coerente, intera. Il mare dei Caraibi è oggi un laboratorio di futuro — un punto di intersezione tra potenza, norma e coscienza.

E qui, come in ogni lezione di Calvino, la vera forza non è nel clamore, ma nella fedeltà al proprio codice. Solo chi resta centrato su sé stesso può entrare davvero in contatto con l’altro.

Nella coerenza silenziosa della sua deterrenza espansa, l’America riafferma il suo ruolo di egemone responsabile: l’unica potenza ancora capace di guidare senza travolgere, difendere senza conquistare, esercitare potere senza rinunciare a un’anima.