Modena, iniziato il processo al Col. Cati

Il responsabile del Centro Ippico dell’Accademia Militare a processo a Modena.

Abuso di autorità, atteggiamenti vessatorie, a Modena era naja

Giampaolo Cati Modena cim
Giampaolo Cati

Si è avviato, nell’ultimo scampolo del mese di settembre, il processo al Ten. Col. Cati.

Importante l’eco mediatico che fu sollevato, nel 2024, a seguito delle denunce sportello dal personale in servizio al centro ippico del più importante istituto di formazione militare.

Le condotte vessatorie portate avanti contro i sottoposti, sia di sesso femminile che maschile, non avevano senso, ma non lo avrebbero avuto neanche in un mondo di najoni, con l’eccezione più negativa che quel mondo potesse riservare.

Si passava dal linguaggio scurrile, per come riportato da fonti giornalistiche informate sulla questione, accompagnato da insulti gratuiti, giungendo a battute a sfondo sensuale verso il personale femminile, umiliato, tra l’altro, con l’imposizione – pare senza guanti- della toelettatura dei genitali dei cavalli.

Considerando le decine di segnalazioni giunte alla Procura della Repubblica di Modena, trasversali per grado e sesso, la possibilità che non si sia trattato solamente di incomprensioni è elevato.

Ovviamente bisognerà attendere il termine del processo, eppure si è scritta una pessima pagina nella storia delle Forze Armate, perché, come certificato dalla comunità scientifica, l’impoverimento del linguaggio che si sta incontrando negli ultimi anni, non giustifica l’utilizzo di registri comunicativi biasimevoli e offensivi, o che quantomeno possano urtare la sensibilità dell’interlocutore.

Quindi si, anche il c.d. linguaggio da caserma, deve conformarsi, non a un “pensiero unico”, cui si potrebbe riferire la mente semplice, ma alla liquidità di quella società che oggi detesta atteggiamenti machisti senza senso, e questo non è un reato, ma potrebbe diventarlo: le parole feriscono, gli atteggiamenti tossici, anche.