Di qualche giorno fa la notizia della morte del Gen. Celentano, una celebrità del paracadutismo militare italiano, veramente toccante il rileggere il pensiero che il Generale Burgio ha tributato, scrivendo i suoi pensieri sulle pagine di un giornale locale.
Celentano, l’essenza della Folgore

Dal sito de “congedati Folgore” era già possibile apprendere il vuoto che avrebbe lasciato questa importante figura, parole, quelle del Gen. Bertolini, che vengono ancora più impreziosite dalla testimonianza resa dal Generale Carmelo Burgio, un trascorso d’eccellenza nei Reparti speciali dell’Arma dei Carabinieri, sempre con il basco rosso.
Il Gen. Burgio lascia il suo ricordo sulla gazzetta di Lucca, e qui si riportano in stralcio, quale rafforzamento per una memoria che non viene – evidentemente – resa a Celentano, al militare, perché Ufficiale Generale, ma perché uomo, professionista, evidentemente dotato di uno stile, di un carisma di altri tempi:
[…] È stato poi uno dei miei comandanti di brigata alla Folgore. Senza nulla togliere agli altri, eccellenti, credo il migliore. Forse prima e dopo di lui ci fu di meglio, ma non li ebbi come miei superiori. Sicuramente vi fu di peggio ed ebbi la fortuna di non prestar servizio alle loro dipendenze. […]
Uno che mangiava dopo l’ultimo suo paracadutista. E un professionista che ogni volta che veniva a vedere cosa stessimo facendo in esercitazione, comprendeva e dava un contributo concreto. […]
Uno che metteva davanti a tutto l’esigenza di prepararsi a far la guerra, considerato ciò che eravamo. Uno che trascorreva la notte di festa a visitare i reparti per far gli auguri ai ragazzi in servizio di guardia. E ci passò i guai quando credettero che chissà che insabbiamenti volesse fare. 20 anni di calvario, finiti in nulla. Era strano che un comandante la notte girasse fra i suoi uomini che non potevano festeggiare, comprensibile siano sorti sospetti. Strano, se non ti chiami Enrico Celentano. Roba che poteva far lui, e pochi altri. […]