Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano starebbero preparando la riforma dei servizi segreti: l’ipotesi è centralizzare le tre agenzie d’intelligence in un’unica struttura. Attualmente esistono l’Aisi (servizi interni), l’Aise (servizi esteri) e l’ANC (cybersicurezza). L’architettura attuale sarebbe ritenuta anacronistica e necessiterebbe di un miglior coordinamento. Sicuramente in termini di organici e funzioni andrebbero riviste molte cose ma l’idea di accentrare tutto in una sola regia preoccupa. In tutti i paesi democratici coesistono più strutture che operano sulle rispettive competenze e questo, in un certo modo, garantisce anche un gioco di ruoli e di controlli che rafforzano la funzione democratica di uno stato.
Per ora fonti vicine alla Presidenza del Consiglio parlano di una bozza, di un documento iniziale che dovrà essere ampliato, integrato e posto all’attenzione e a una supervalutazione finale.
Se è vero che si ridurrebbero, solo in una seconda fase, le poltrone, adesso si potrebbe dare l’impressione di essere in regola con l’organigramma. Un organigramma che non rasserena soprattutto sul fronte Aise dove le unità previste per l’impiego estero sarebbero molte ma molte meno, segno che gli agenti sarebbero, di fatto, in Italia. Un nodo che va avanti da tempo e che fa innervosire alcuni capo centro.
Ad alimentare le perplessità ci sarebbe anche la paura di inglobare la neo agenzia per la cybersicurezza che sta operando, anche in relazione agli abbondanti fondi a disposizione, in modo virtuoso e lontano dalle logiche delle due articolazioni centrali.
C’è poi il “cuore strategico” rappresentato dal DIS che, a detta di alcuni ex, opera bene.
Quindi la domanda nasce spontanea: perché l’esigenza di questa riforma?