I Falchi della Squadra Mobile. Storia di un una sezione unica nel suo genere.

Di Francesco Stancapiano per scenacriminis

Napoli, 1974. La guerra di camorra imperversa e con essa aumenta la microcriminalità. Da città turistica internazionale, il capoluogo partenopeo diventa un vasto territorio criminale. I budelli della città antica, offrono riparo sicuro ai piccolo criminali, agli scugnizzi. La popolazione spesso è connivente, quindi poco propensa a collaborare con la giustizia. I vicoli stretti e lunghi del centro storico, persino la luce ha difficoltà a filtrare, rendono assai difficili gli inseguimenti in auto. Inoltre, le differenze linguistiche e culturali degli agenti di stanza Napoli non sono di aiuto. Difficoltà nel compenetrarsi nella mentalità criminale, ma soprattutto poca conoscenza dei “ritrovi” e dei covi.

Gli anni passano e l’ondata criminale e destabilizzante dei reati predatori aumenta. Ne risente soprattutto l’economia napoletana. I turisti sono sempre meno, le grandi compagnie di navigazione hanno difficoltà ad “affidarsi” alla città. Lo sguardo si sposta verso la Questura Centrale di Napoli. Nelle viscere di uno dei palazzi storici, il Dirigente della Polizia di Stato Argenio presenta una nuova squadra operativa costituita da “uomini duri”, provenienti soprattutto dal tessuto sociale partenopeo e capaci di girare per i vicoli stretti e bui ad occhi chiusi.

Uomini di stato a volte dai metodi poco ortodossi ma non per questo meno efficaci, anzi. Via le divise, niente barba curata. Sempre in coppia. I nuovi specialisti del crimine predatorio devono passare inosservati. Sono ragazzi e uomini capaci di mimetizzarsi perfettamente nei “vicarielli” della città, dove il crimine imperversa. Niente pantere né auto civetta: i nuovi paladini della giustizia cavalcano motociclette di grossa cilindrata. Rumorose e potenti. Sono stati scelti 112 ragazzi, per lo più provenienti dalla Polizia Stradale. A loro disposizione 2 stanze. Tutto deve svolgersi qui: lato amministrativo ed investigativo. Ma il “Falco” deve restare fermo il minimo possibile: il tempo di consegnare un arresto, poi si inforca la moto e via in strada. L’alloggio a loro disposizione è un caserma sul corso centrale: un centinaio di brande, bagni in comune. Nessuno ha promesso loro comodità e riposo, non c’è tempo per riposare. Uomini di legge e giustizia: duri, coraggiosi e reattivi.

Gli anni passano, le gesta rimangono. Tra loro, agenti che son diventati leggenda. Non usano nomi, si chiamano usando un soprannome: Hulk, O’ Barese, Ceccotto, Perrone. Non esiste condizione meteorologica che possa fermarli. Per coprirsi dal vento bastano dei fogli di giornale in petto, e via di nuovo in moto.

La criminalità negli anni si è evoluta, i Falchi pure: da sezione “antiscippo” a I Sezione della Squadra mobile. Investigazioni in grande stile. Per narrare la storia di questi uomini valorosi, non sono bastati metri e metri di pellicola: 5 trasposizioni cinematografiche e numerose fiction.

Il tutto torna alla mente grazie alla ad una foto d’epoca pubblicata su Facebook, con una didascalia emblematica:

Sembra un’immagine tratta da un film. E la vita e il lavoro di questi poliziotti un po’ lo era, da film. Qualcuno in questa foto non c’è più, un poliziotto è stato vittima di un agguato di camorra, ma so per certo che c’è ancora chi si porta dentro lo spirito di quegli anni e del lavoro che faceva. Magari tra di voi c’è chi riconosce un collega, un amico, un parente in questa foto.

img 6173 Difesa Magazine

Super eroi dei nostri giorni, mai troppo celebrati né abbastanza ricordati. Se una romantica passeggiata primaverile sul lungomare napoletano incanta e rasserena, è anche grazie al loro infinito spirito di sacrificio messo al servizio di una meravigliosa città.