Negli anni ’80 si ammalò e fu ferito in servizio: ora un poliziotto palermitano è “vittima del dovere”
Dopo oltre quarant’anni, il tribunale del Lavoro riconosce lo status a un sovrintendente in pensione. Il Viminale aveva detto “no” per prescrizione, ma il giudice gli dà ragione: 21% di invalidità e benefici fiscali.
Contrasse l’epatite mentre piantonava dei detenuti nel reparto Infettivi di una clinica a Firenze nel 1981. Due anni dopo, fu aggredito e colpito al volto durante uno sgombero. Dopo decenni di silenzio e un primo diniego da parte del ministero dell’Interno, oggi G. G., sovrintendente in pensione della Polizia di Stato, ottiene giustizia: è ufficialmente una “vittima del dovere”.
La sentenza, emessa dal giudice del lavoro Dante Martino, riconosce all’ex poliziotto palermitano – oggi 63enne – una percentuale d’invalidità del 21% e il diritto a una serie di benefici previsti dalla legge, come l’esenzione dal pagamento delle tasse e del ticket sanitario. Un traguardo arrivato grazie al ricorso presentato dall’avvocato Gabriele Licata, che ha assistito G. G. in giudizio.

Il lungo silenzio e la mancata informazione
Il poliziotto, che ha prestato servizio per 22 anni a Firenze e poi per altri 20 nel Reparto Mobile di Palermo, aveva scoperto solo recentemente la possibilità di vedersi riconosciuti i benefici legati allo status di vittima del dovere. Come molti suoi colleghi, non era a conoscenza dei diritti previsti per chi ha subito danni permanenti nell’ambito di compiti di ordine pubblico o di contrasto alla criminalità.
Il ministero, nel rigettare l’istanza iniziale, aveva opposto la prescrizione, ma non si è costituito nel successivo giudizio civile.
Due episodi, una storia di servizio e sacrificio
Il primo evento risale al 1981, quando G. G. fu assegnato al piantonamento di alcuni detenuti ricoverati presso la clinica San Damiano di Firenze. In quell’occasione contrasse un’epatite acuta, diagnosticata solo due anni più tardi, nel maggio 1983, dopo un ricovero ospedaliero dovuto a un peggioramento delle sue condizioni di salute. La Commissione Medica Ospedaliera (CMO) riconobbe già allora la causa di servizio.
L’11 ottobre dello stesso anno, durante lo sgombero di un immobile occupato, l’agente fu colpito al volto. L’aggressione gli provocò lesioni tali da richiedere un intervento chirurgico al setto nasale nel 1990. Anche in quel caso, la CMO confermò il nesso tra trauma e servizio.
La sentenza: “Lesioni subite per effetto diretto del servizio”
Il giudice Martino ha riconosciuto come entrambi gli episodi soddisfino i requisiti previsti dalla normativa per il riconoscimento dello status di vittima del dovere. Nella sentenza si legge che “il servizio di piantonamento di detenuti ricoverati nel reparto Infettivi e lo sgombero di un immobile occupato costituiscono rispettivamente ‘servizi di ordine pubblico’ e attività di ‘contrasto a ogni tipo di criminalità’”. Di conseguenza, le lesioni riportate dal ricorrente – “produttive di un’invalidità permanente” – permettono il riconoscimento dello status.
Il tribunale ha inoltre condannato il ministero dell’Interno al pagamento delle spese processuali e di consulenza tecnica.
Una vittoria simbolica
Per G. G. non si tratta solo di una vittoria legale, ma anche morale. Dopo una vita trascorsa al servizio dello Stato, tra rischi e sacrifici, riceve ora un riconoscimento che dà dignità alla sua storia. Una sentenza che potrebbe aprire la strada anche ad altri agenti, spesso dimenticati, che hanno subito danni permanenti in silenzio
La soddisfazione dell’avvocato Gabriele Licata, esperto di diritto militare e difensore del ricorrente:
“Questa sentenza rappresenta una vittoria non solo per il mio assistito, ma per tutti quegli appartenenti alle forze dell’ordine che, pur avendo subito danni in servizio, non hanno mai avuto il giusto riconoscimento. Il tribunale ha affermato un principio importante: non si può negare giustizia a chi ha servito lo Stato con dedizione, solo perché il tempo è passato. I diritti non vanno in prescrizione quando sono fondati sul sacrificio personale e sul dovere. Spero che questo caso possa accendere un faro su molte altre situazioni simili, troppo spesso trascurate o ignorate.”
Poliziotto si ammalò circa 40 anni fa, ora è vittima del dovere grazie al suo avvocato
